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Test Genetico Trombofilia

Presso il Centro Polidiagnostico Napoli è possibile eseguire il Test Genetico Trombofilia o Rischio Trombosi. Attraverso questo esame è possibile valutare la predisposizione genetica alla trombofilia.

Che cosa comporta la presenza di questa predisposizione?

La trombofilia è la tendenza a formare coaguli che possono ostruire i vasi sanguigni venosi o arteriosi impendendo così il normale flusso sanguigno.

Nel nostro laboratorio è possibile eseguire tre tipi di indagini:

  • pannello base a 4 fattori
  • pannello base a 6 fattori
  • pannello esteso a 14 fattori

I fattori investigati sono i seguenti:

– Fattore V Leiden e Fattore V HR2

Il Fattore V attivato svolge un ruolo essenziale nella coagulazione, in quanto è un cofattore necessario all’attivazione della protrombina (Fattore II) a trombina. Il suo effetto pro-coagulante è normalmente inibito dalla Proteina C attivata che taglia il Fattore V in tre parti ed il sito di taglio è localizzato nell’amminoacido arginina in posizone 506. Una mutazione del gene proprio a livello dell’arginina in posizione 506 impedisce il taglio, con conseguente resistenza alla Proteina C attivata (APC) ed una maggiore attività pro-coagulante del Fattore V attivato che predispone alla trombosi. Tale variante (G1691A) è definita variante di Leiden e la frequenza dei portatori (soggetti con la variante in eterozigosi) in Italia è del 3%. I soggetti eterozigoti (portatori di una solo copia della variante) hanno un rischio 8 volte superiore di sviluppare una trombosi venosa, mentre gli omozigosi (portatori di due copie della variante) hanno un rischio pari ad 80 volte. In quanto fattore di suscettibilità, affinchè si verifichi l’evento trombotico è necessaria la presenza di altre condizioni predisponenti quali la gravidanza, l’assunzione di contraccettivi orali, gli interventi chirurgici. In gravidanza una condizione genetica di eterozigosi per il Fattore Leiden è considerata predisponente all’aborto spontaneo, alla eclampsia, ai difetti placentari.

Il Fattore V HR2, invece, è una mutazione del gene del Fattore V che comporta la sostituzione dell’istidina in posizione 1299 con un’arginina. E’ stato dimostrato che tale polimorfismo influenza la concentrazione plasmatica di FV e la sua associazione causa una lieve resistenza alla proteina C attivata. Il polimorfismo è stato associato ad un aumentato rischio di trombosi da solo o in associazione in eterozigosi con la mutazione FV G1691A.

– Fattore II

La protrombina, o Fattore II della coagulazione, svolge un ruolo fondamentale nella cascata coagulativa in quanto la sua attivazione in trombina porta alla trasformazione del fibrinogeno in fibrina e quindi alla formazione del coagulo. E’ stata descritta una variante genetica comune nella regione non trascritta al 3′ del gene che comporta la sostituzione di una guanina con una adenina in posizione 20210 e che è associata ad elevati livelli di protrombina funzionale nel plasma e conseguente aumentato rischio di trombosi. La frequenza di soggetti eterozigoti (portatori di una sola variante) è del 3% e questi soggetti hanno un rischio aumentato di 3 volte di sviluppare una trombosi venosa e la compresenza della mutazione FV Leiden aumenta il rischio di trombosi di 100 volte.

– MTHFR: C677T e A1298C

La metilentetraidrofolato reduttasi (MTHFR) è un enzima convolto nel metabolismo dell’omocisteina. Alcune mutazioni possono causare un deficit enzimatico con conseguente comparsa di iperomocisteinemia ed omocistenuria e bassi livelli plasmatici di acido folico. Elevati livelli di omocisteina nel sangue sono considerati fattori di rischio per malattia vascolare. Inoltre la carenza di acido folico nel plasma è un fattore di rischio per i difetti del tubo neurale nelle donne in gravidanza. Ad oggi sono state descritte le varianti C677T e A1298C del gene MTHFR come fattori predisponenti alla trombosi.

PAI-1: polimorfismo 4G/5G

Il gene PAI-1 codifica per l’inibitore dell’attivatore del plasminogeno-1 che, in seguito alla formazione di un coagulo di fibrina, attiva il sistema fibrinolitico. A livello della regione promotore del gene PAI-1 è presente un polimorfismo del tipo inserzione/delezione di una G (4G/5G). La presenza dell’allele 4G, sia in omozigosi (omozigote mutato 4G/4G), che in eterozigosi (eterozigote 4G/5G), correla con un maggiore rischio di trombosi arteriosa e venosa, di preeclampsia ed abortività.

– Fattore XIII V34L

Il fattore di coagulazione XIII (FXIII) è una transglutaminasi che svolge un ruolo importante nella fase finale della coagulazione del sangue, dove catalizza la formazione di legami covalenti tra monomeri di fibrina per produrre la stabilizzazione del coagulo e la resistenza alla fibrinolisi.

Il polimorfismo Val34Leu comporta la sostituzione della valina in posizione 34 con una leucina con conseguente aumento dell’attività enzimatica. La presenza dell’allele Leu34 (poco frequente) rappresenterebbe un fattore protettivo contro infarto del miocardio e trombosi venosa.

HUMAN PLATELET ALLOANTIGENS (HPA o GPIIIA) L33P

Questa proteina svolge un ruolo fondamentale nel processo di aggregazione piastrinica e la sua genotipizzazione permette di distinguere due isoforme alleliche: 1A (Leu33) e 1B (Pro33). Studi recenti hanno dimostrato un’associazione tra l’isoforma 1B (omozigote mutato C/C) ed una maggiore aggregabilità piastrinica con conseguenti complicanze trombotiche venose. Inoltre, questo polimorfismo è un fattore di rischio per molti tipi di patologie, come infarto miocardico, cardiopatia ischemica, diabete di tipo 2, asma, linfoma non-Hodgkin, carcinoma del colon, carcinoma ovarico e  quello renale.

β-Fibrinogeno -455 G>A

Il fibrinogeno è una glicoproteina dimerica sintetizzata dal fegato, che consiste di tre polipeptidi α, β e γ codificati rispettivamente dai geni FGA, FGB e FGG. Il fibrinogeno è un componente importante della viscosità del sangue e dell’aggregazione piastrinica, modula la funzione endoteliale e promuove la proliferazione e la migrazione delle cellule muscolari lisce. Il fumo aumenta la concentrazione di fibrinogeno nel sangue, un fattore di rischio significativo per l’ictus cerebrale. Anche l’obesità è stata associata ad un elevato livello di fibrinogeno plasmatico. Polimorfismi del gene β-fibrinogeno (FGB), compreso il polimorfismo in eterozigosi (GA-455 FGB), sono strettamente correlati all’aumento del livello di fibrinogeno plasmatico.

– ACE (Ins/Del)

ACE (Angiotensin Converting Enzyme) è un enzima coinvolto nella conversione dell’angiotensina I ad angiotensina II ed i polimorfismi a carico del gene ACE sono stati associati a malattie coronariche e a infarto.  Gli alleli “Ins” e “Del” indicano, rispettivamente, la presenza o l’assenza di inserzione di un frammento di 287 bp a carico dell’introne 16 del gene.  L’assenza di inserzione (omozigote Del/Del) è associata ad un maggior livello plasmatico di ACE e quindi ad un maggior rischio di ipercoagulabilità e danno endoteliale. In una recente meta-analisi è stata riportata, inoltre, una significativa associazione tra i soggetti portatori di tale polimorfismo e gli aborti ricorrenti: le donne con  genotipo omozigote Del/Del o eterozigote Ins/Del hanno un rischio più elevato di aborti frequenti.

AGT (M235T)

Il gene AGT controlla la produzione di angiotensinogeno, una proteina con un ruolo determinante nel sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAS), un meccanismo ormonale che regola la pressione sanguigna, il volume plasmatico circolante, il tono della muscolatura arteriosa e la secrezione di aldosterone; gioca, inoltre, un ruolo importante nell’eziologia dell’ipertensione. Esistono polimorfismi genetici nei vari componenti del RAS che possono avere rilevanza clinica. Per il gene AGT è stato descritto un polimorfismo che causa la sostituzione di una metionina con una treonina e studi recenti hanno dimostrato che pazienti con un genotipo omozigote mutato hanno un rischio tre volte maggiore rispetto alla popolazione generale di sviluppare patologie cardiovascolari, come coronopatie, infarti miocardici, arteriosclerosi e cardiomiopatie ipertrofiche.

– CBS (844ins68 I/D)

L’enzima cistationina beta-sintetasi (CBS) è necessario per convertire l’omocisteina in cistationina. E’ stato descritto un polimorfismo che consiste nell’inserzione di una sequenza di 68 nucleotidi nella sequenza del gene. La presenza di quest’inserzione causa una riduzione dell’attività enzimatica, con conseguente aumento dei livelli di omocisteina nel sangue e, quindi, aumentato rischio trombotico.

– APOB (R3500Q)

L’Apolipoproteina B-100 (ApoB) è una proteina coinvolta nel metabolismo dei lipidi ed è la principale proteina costituente delle lipoproteine a bassissima densità (VLDL) e di quelle a bassa densità (LDL). Il complesso APOB-colesterolo viene riconosciuto dai recettori di membrana e quindi assorbito nelle cellule.

Vari studi hanno dimostrato che la mutazione G10580A altera la conformazione del dominio di legame di ApoB con conseguente riduzione dell’affinita’ al recettore delle LDL. Tale genotipo è associato alla “Familiar detective apolipoprotein B100”, disordine autosomico dominante associato ad elevate concentrazioni plasmatiche di colesterolo e di LDL. Nella nostra popolazione la frequenza di mutazione è di 1:500/700.

– APOE (Cys112Arg e Arg158Cys)

Il gene APOE codifica per l’ apolipoproteina E (APOE), una proteina plasmatica, coinvolta nel trasporto del colesterolo, che si lega alla proteina amiloide. Sono presenti tre isoforme di ApoE: Apoε2, Apoε3 e Apoε4 che sono i prodotti di 3 forme alleliche diverse (ε2, ε3, ε4). Queste diverse isoforme sono determinate  dal cambiamento dell’amminoacido in due diverse posizioni (varianti Cys112Arg Arg158Cys). La combinazione di tali varianti è responsabile di alcune condizioni di rischio:

– l’isoforma E2 (frequenza allelica del 7%) ha una ridotta affinità di legame ai recettori della superficie cellulare e gli individui con una combinazione E2/E2 possono avere un rischio maggiore di malattia vascolare precoce. L’allele E2 é stato, inoltre, implicato nel morbo di Parkinson.

– l’isoforma E3 (frequenza allelica del 79%) è considerato il genotipo ApoE ‘neutro’.

– l‘isoforma E4 (frequenza allelica del 14%) è più frequente nelle persone affette da malattia di Alzheimer rispetto a quelle sane. La presenza del genotipo APOE4, anche in eterozigosi, determinerebbe un aumento di circa 3 volte del rischio di sviluppare la malattia nelle forme ad esordio tardivo, familiari e sporadiche.

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